Capanna Como in Val Darengo
Era più di un anno che ci
pensavo, che andavo preparando questa escursione; da Livo alla Capanna Como; a
sentire chi già l'aveva fatta era roba da 1 giornata andata e ritorno. Ma non
era quello che avevo in testa io. Volevo una camminata impegnativa, com'è il
sentiero che porta alla Corno, ma fatta con calma e guardando ogni angolo di
questa valle che mai avevo percorso prima, con il Rifugio come meta finale del
primo giorno, con la serata da trascorrere con gli amici di trecking, con una
notte di silenzio, del silenzio che c'è solo in posti come quello.
Alla fine l'escursione è stata
messa in calendario; ne ho parlato con Angelo (Macchi) che mi ha fatto vedere
le foto scattate anni prima, mi ha descritto il percorso con l'aiuto della
cartina; su internet ho trovato un paio di descrizioni del sentiero che porta
alla Como, ma nessuno descriveva il sentiero che intendevo fare per il ritorno,
passare per la Bocchetta di San Pio e per la valle Cavrig, per
scendere poi ad Inghirina e tornare sul sentiero percorso il giorno prima.
Così è giunto il momento di
organizzare il tutto; contatto chi tiene le chiavi del rifugio (Lorena Molinari
3357806842 oppure 3314914599 oppure 0344 89760 ), prenoto il Rifugio quasi per
intero, 20 dei 23 posti disponibili, organizzo Ia descrizione del percorso,
preparo il manifesto da esporre in sezione, comincio a registrare i
partecipanti.
Con grande sorpresa noto che le
iscrizioni non sono quante mi ero immaginato, alla fine siamo in 8 e di questi,
la mattina della partenza, uno non si presenterà.
Il giorno dell'escursione è
arrivato, si parte, 2 auto per 7 persone; viaggiamo veloci, ci fermiamo a Dongo
a fare spesa, pane, qualche etto di bresaola della Valtellina, riso. Ciascuno
ha portato qualcosa che potrà dividere con gli altri.
Ripartiamo ed in poco tempo
raggiungiamo Gravedona, lasciamo la Strada Regina e seguiamo per Liro e Livo. Qui
cerchiamo la casa dei Molinari, incontriamo Lorena che si raccomanda sul
comportamento da tenere in rifugio e ci raccomanda di pagare il transito fino a
Dangrì per non incorrere in sanzioni da parte dei vigili comunali.
Ultima ripartenza, prossima
fermata tra 2 km
al posteggio del Crotto Dangrì, presso il ponte Dangri; ma li non troviamo posto e siamo costretti a
tornare indietro di qualche centinaio di metri. Poco male, ma nel frattempo si
sono fatte le 10 e ci aspettano ore di cammino e di paesaggi da ammirare.
>> in rosso è indicato il percorso seguito da Baggio alla Capanna Como; i punti più grandi indicano: in basso a destra il punto di partenza (Ponte Danngri), in alto a sinistra il punto di arrivo (Capanna Como), al centro la sosta al Ponte di Pianezza
Finalmente, scarponi ai piedi e zaini in spalla si parte, subito una foto di gruppo sul ponte Dangrì (mt. 630), e poi in fila sull'erto sentiero che ci porta prima alla chiesa della Madonna di Livo e poi a Baggio (mt. 950). Non s"è fatta molta strada ma ci siamo alzati di 1/4 dell'intero dislivello da fare.
Finalmente, scarponi ai piedi e zaini in spalla si parte, subito una foto di gruppo sul ponte Dangrì (mt. 630), e poi in fila sull'erto sentiero che ci porta prima alla chiesa della Madonna di Livo e poi a Baggio (mt. 950). Non s"è fatta molta strada ma ci siamo alzati di 1/4 dell'intero dislivello da fare.
Baggio è un villaggio in buona
parte ristrutturato c'è gente che ci viene a passare i fine settimana nelle
case ormai di vacanza, è comunque una bella cosa sapere che il villaggio non è
stato completamente abbandonato; d'altronde questa località è facilmente
raggiungibile, 1 ora di cammino per i più lenti.
In fondo al villaggio, dove il
sentiero inizia ad addentrarsi nella valle, ci sono una fontana di acqua
freschissima dove attingere acqua per il resto della camminata. La sosta ci
consente di riprendere fiato, di bere una sorsata di acqua, di ammirare
il paesaggio che ci circonda ed i ruderi di un vecchio forno .
Riprendiamo la camminata su
questo sentiero che a tratti è ben lastricato ed a tratti è sconnesso, che
supera una miriade di rigagnoli quasi in secca. Alla nostra sinistra, 300mt più
in basso scorre il torrente. E' una lunga camminata in falso piano, con una
stupenda vista alle nostre spalle, alla sinistra dove si possono ammirare
sottili e lunghissime cascate che sulla parete opposta si precipitano a valle, e di fronte a noi dove spuntano alti picchi;
e questa vista ci accompagna fino al Ponte di Borgo (mt. 968) che ci porta sull'altra sponda del Rio Darengo.
Il sentiero torna a salire,
dolcemente ma con costanza e ci troviamo a camminare sul limitare del bosco,
poco discosto dalla riva del torrente; la temperatura si è abbassata, o forse è
l'umidità che si è alzata, ma se si cammina di buona lena come facciamo noi
non si soffre il freddo.
Passiamo tra vari alpeggi, ce ne
sono di abbandonati e di risistemati, alcuni anche di recente; ecco allora
Borgo (mt. 1050), poi il ponte (1100 mt) che porta a Stabiel, Basei e
Bustecchio; poi Resiga (mt. 1200), poco fuori dall'alpeggio siamo costretti ad
una variante perché il sentiero non c'è più, se l'è portato via una frana;
torniamo sul sentiero e passiamo per altre baite. Sotto di noi, alla nostra
destra scorse il torrente, che nei momenti di piena deve essere impetuoso visti
i massi che riesce a spostare.
Poi il sentiero sembra spianare,
davanti a noi, alla nostra destra, c'è un ponte di pietre siamo giunti al Pontedi Pianezza (mt. 1238); attraversiamo il ponte e ci fermiamo per fare sosta e
rifocillarci nel pratone antistante l'alpeggio. E nell'occasione parliamo di
cosa abbiamo incontrato e visto durante il percorso fin qui fatto, parliamo di
alpeggi e ponti, di torrenti, di cascatelle e frane; ed è già ora di rimetterciin cammino, sappiamo che ci mancano ancora poco meno di 600 metri di dislivello,
e secondo le relazioni lette sono anche i più duri.
E non sbagliano, sarà la pancia
piena o forse le gambe che si sono raffreddate per la lunga sosta ma quest'ultimo
tratto sembra davvero pesante.
Ecco poi apparire sopra uno sperone la Capanna Como, è li a poca distanza da noi, basta salire quel breve pendio, girare dietro a
quel grosso masso, fare altri 4 passi e sei bell'e arrivato. Ed infatti, come
tutti i Rifugi che sono degni di essere chiamati con questo nome, lo si vede in
quella posizione per 1 ora, poi finalmente ci arriviamo. È una bella struttura,
sappiamo che è stata sistemata da non molto, l'interno è ben messo,
accogliente, un'ampia sala dal pranzo con cucina a gas a più fuochi; Paolo
scalda qualche pezzo di legno per permettere a Ferdinando di poter avviare la stufa che è li di fianco, fatica a partire perché la legna, conservata nel
container fuori dal rifugio, è umida, quasi bagnata. Quando finalmente prende
fuoco posa altri tronchi sopra la piastra della stufa, crea una piccola catasta
che pian piano si asciuga e consentirà in seguito di stare al caldo. C'è un
solo neo e non è attribuibile al Rifugio od a chi tiene le chiavi, chi ci ha
preceduti non ha portato a valle la pattumiera.
In fondo c'è la porta che dà
accesso al reparto notte; un piccolo bagno e di fronte ad esso la scala che
porta allo stanzone dove ci sono materassini dell'IKEA, foderati in cotone, belli e comodi, adagiati sul pavimento
di legno dei 2 lati lunghi e su quello di fronte alla scala c'è un soppalco su cui sono stesi altri materassini a formare una
serie di letti a soppalco.
Riponiamo gli zaini in un
apposito scaffale presente nell'antibagno, ci diamo una rinfrescata e ci
cambiamo le magliette bagnate; poco dopo entra in rifugio la proprietaria di quanto
abbiamo trovato abbandonato al piano superiore, è una giovane donna, è sola,
ovvio scambiare subito qualche parola, ed io vestito di scuro, scherzosamente
mi spaccio per un sacerdote, lo scherzo riesce e per qualche minuto la ragazza
è convinta di essere alla presenza di una comitiva di una qualche congregazione
religiosa; a furia di insistere lo scherzo non è più sostenibile e tutto
torna alla normalità.
Nel frattempo qualcuno ha messo a
bollire dell'acqua con le verdure procurate da Liviana, patate, carote, cipolla,
un gambo di sedano e non so che altro per ottenere un brodo ristoratore ed
anche il brodo per il risotto da fare più tardi; ne risulta un brodo vegetale
veramente gustoso e tutti ne bevono una tazza, è meglio del solito the
zuccherato, bisognerà tenere conto di questa novità, è dissetante e
corroborante ma soprattutto è naturalmente carico di sali minerali che
reintegrano quelli persi con la sudorazione durante la camminata.
Arriva poi l'ora di preparare la
cena, mi metto ai fornelli e comincio a fare un risotto con il brodo vegetale
rimasto e con i funghi raccolti lungo il percorso. Alla fine ce n'è per tutti
noi ed anche per Sara, la ragazza che abbiamo incontrato e che si è seduta al nostro
tavolo, e qualcuno fa il bis. Come secondo si divide la bresaola e quanto
ciascuno ha portato, la bottiglia di vino della ragazza è molto apprezzata e
viene svuotata come quella portata da Filippo.
Durante la cena arriva una
coppia di ragazzi, si lamentano dell’eccessivo costo per l'uso del Rifugio,
ed intanto se ne stanno al caldo seduti su una panca di quel rifugio tanto
costoso.
Arriva l'ora di andare in branda ed intanto arrivano gli ultimi ospiti del rifugio, dei giovani attrezzati per
la pesca a cui si dedicheranno l'indomani nel Lago Darengo, intanto i 2
portoghesi se ne vanno a dormire fuori, nella loro tenda.
Prima di andare a letto usciamo tutti dal rifugio e stiamo a guardare il cielo stellato, è una distesa di puntini luminosi che spiccano su uno sfondo di un blu scuro e nel contempo vivo. Ma il freddo è pungente e si rientra per andare finalmente a dormire.
Prima di andare a letto usciamo tutti dal rifugio e stiamo a guardare il cielo stellato, è una distesa di puntini luminosi che spiccano su uno sfondo di un blu scuro e nel contempo vivo. Ma il freddo è pungente e si rientra per andare finalmente a dormire.
Filippo fa di tutto per non
conciliarci il sonno, musiche a tutto volume dal suo telefono impediscono il
sonno fin quasi a mezzanotte, infine arrivano nello stanzone anche i giovani pescatori
e Filippo è costretto a zittire la sua emittente personale.
E' ancora buio quando ci alziamo,
Ferdinando che si è alzato parecchio prima degli altri ha preparato la
colazione per tutti, con le provviste che ciascuno ha portato ha imbandito una
stupenda tavola; è la prima volta che viene ad una 2 giorni e ci meraviglia
con il suo comportamento.
Non passa molto che compare il
portoghese con una sola domanda " ma in questo rifugio non si può avere un
caffè?" Io allibito non ho la prontezza di rispondere a tono, ma mi
accorgo che Carlo l'ha presa male e forse qualcosa di pungente ha risposto al
ragazzo; Paolo, Filippo ed io usciamo a fare le ultime foto al Rifugio ed a
quanto ci circonda, il sole è ancora basso ed illumina di luce radente
disegnando lunghe ombre ed illuminando le cime circostanti mentre la luna si nasconde dietro un alto picco.
È quasi ora di mettersi in
cammino, mentre gli altri fanno gli ultimi preparativi, Paolo ed io, cartina
alla mano, studiamo il pendio che ci sta davanti per individuare il sentiero
che ci condurrà alla Bocchetta di San Pio. Una foto di gruppo e via, si parte, sentiero tutto da scoprire, non
abbiamo trovato descrizioni su questo percorso.
>>
in rosso è indicato il percorso seguito dalla Capanna Como al Ponte Dangri; i
punti più grandi indicano: in alto a sinistra il punto di partenza(Capanna Como), in basso a destra il punto di arrivo(Ponte
Danngri),e lungo il percorso i punti di sosta al Lago Cavrig, all'Alpe Inghirina ed al Ponte di Pianezza
Il sentiero comincia su tracce che a tratti svaniscono, ci fermiamo spesso per individuare la direzione daseguire, qualche segno bianco-rosso lo si individua con difficoltà, ogni fermata è l'occasione per guardare indietro verso il rifugio, il lago sotto di noi, la corona di cime che lo circonda, è uno spettacolo incantevole; dopo una breve salita effettuiamo un lungo traverso e ci troviamo all'imbocco di un erto canalino, dobbiamo riporre i bastoncini per poter avere le mani libere per aggrapparci alle roccette, sono brevi passaggi di secondo o di terzo grado, così ho letto da qualche parte, ma mi sembra che abbiano esagerato; è comunque un tratto impegnativo, non tutti gli amici delle escursioni domenicali sarebbero disposti a percorrerlo.
Il sentiero comincia su tracce che a tratti svaniscono, ci fermiamo spesso per individuare la direzione daseguire, qualche segno bianco-rosso lo si individua con difficoltà, ogni fermata è l'occasione per guardare indietro verso il rifugio, il lago sotto di noi, la corona di cime che lo circonda, è uno spettacolo incantevole; dopo una breve salita effettuiamo un lungo traverso e ci troviamo all'imbocco di un erto canalino, dobbiamo riporre i bastoncini per poter avere le mani libere per aggrapparci alle roccette, sono brevi passaggi di secondo o di terzo grado, così ho letto da qualche parte, ma mi sembra che abbiano esagerato; è comunque un tratto impegnativo, non tutti gli amici delle escursioni domenicali sarebbero disposti a percorrerlo.
Alla fine del canalino sbuchiamo
su uno stretto passaggio, la Bocchetta di San Pio, le nuvole nascondono le cime lontane e creano uno spettacolo accattivante, la foto è d'obbligo, poi
ci consultiamo sul sentiero da seguire, consultare la cartina è indispensabile,
scegliamo quello basso.
Da qui comincia la vera lezione
d'orientamento di cui può godere Fabrizio, che ha seguito il Corso di
Escursionismo Avanzato 2013 della SIEL (Scuola Intersezionale di Escursionismo dei Laghi). Cartina alla mano, attenzione al
territorio circostante, continua ricerca di tracce ed indicazioni che sono
ormai scolorite, che sembrano fatte per chi cammina in senso contrario, ma non
si scoraggia anche se capita di sbagliare; subito dietro di lui c'è Paolo che
lo incita e lo corregge.
Qualche indicazione in più non farebbe male, così ci permettiamo di risistemare qualche ometto.
Qualche indicazione in più non farebbe male, così ci permettiamo di risistemare qualche ometto.
Arriviamo al Lago Cavrig (mt.
2130) posto al centro di un anfiteatro di piccole cime; ci concediamo ½ ora di relax; Ferdinando trova girini e ranocchi; prima di proseguire scatto la
foto di gruppo. Fatta. Si riparte, c'è ancora molta strada da percorrere.
Ci dirigiamo ora verso una bocchetta che vediamo in lontananza e di cui non conosciamo il nome, man mano che ci
avviciniamo vediamo che è abitata da capre e pecore, due greggi distinti, verso
monte Ie capre, verso valle ma su un pendio estremamente scosceso le pecore.
Altra breve sosta per scattare qualche foto e subito di nuovo in cammino.
La fatica comincia a farsi
sentire, io al solito chiudo la fila; di qui a poco dovrebbe cominciare la
discesa, ma non riusciamo ad individuare il sentiero, quello evidente sembra
puntare in alto, troppo in alto per essere quello che porta verso Inghirina.
Paolo ed io decidiamo di andare in avanscoperta seguendo 2 diverse vie, lui
seguirà quella alta, io scenderò per prati in direzione delle sottostanti baite
che formavano l'alpeggio dell'Avert d'Inghirina (mt.1965); lasciamo gli altri
ad aspettare che noi si individui il percorso da seguire; ma chi riesce a
tenere a freno Filippo? si è messo sulle mie tracce e presto mi raggiunge e mi
supera, alla fine individuiamo una via per scendere, diamo una voce agli altri
che in fretta ci raggiungono; Paolo ha trovato una deviazione che dal
sentiero alto scende verso di noi, lo prende e presto anche lui è con noi.
Il sentiero più avanti torna ad
essere marcato, è pendente, davvero pendente, a lungo andare si fa sentire
sulle ginocchia, lo zaino ancora pesante non aiuta.
Liviana ed io siamo rimasti indietro, finalmente arriviamo ad Inghirina, e gli altri ripartono subito, per
noi non c'è tempo per recuperare, ripartiamo con loro ma restiamo in coda.
La discesa prosegue, ripida, poi
finalmente il pendio si addolcisce, siamo rimasti nuovamente indietro; attraversiamo
il bosco alle spalle di Pianezza e ci troviamo ad un bivio, secondo la cartina
ed il programma dell'escursione si dovrebbe girare a sinistra e tenere il
sentiero che costeggia la sinistra del torrente; ma distinguiamo chiaramente la
voce di Filippo alla nostra destra; prendiamo il sentiero di destra e ci
troviamo dopo meno di 100
metri nella radura di Pianezza, dove ci siamo fermati
già il giorno prima. Zaini a terra, si pranza e si riposa un poco; intanto si
decide su quale sentiero fare per scendere, concordiamo di ripercorrere quello
già fatto in salita ieri, lo conosciamo, non riserva sorprese, ed è sicuramente
quello più adatto, essendo più tardi di quanto avessimo previsto di impiegare
per giungere fin qui. La sosta è comunque breve, si sistemano gli zaini, si
stringono le stringhe degli scarponi (per questo si chiamano stringhe?) e si
riparte.
Filippo in testa, Liviana per
seconda sembra trotterellare, evidentemente la sosta ha giovato a tutti ed a
lei in modo particolare.
La strada da percorrere è ancora
tanta; ritroviamo gli alpeggi già visti ieri, Resiga, Borgo, attraversiamo
il ponte di Borgo ancora tutti in gruppo, mi fermo per scattare qualche foto; il sentiero ora è quasi in piano, qualche saliscendi, non è roba impegnativa,
ma ormai ogni gradino lo sento nelle gambe come fosse una salita impervia; chi
è che chiude la comitiva? io, come sempre io, questa volta non perché sono la
scopa ma perché sono scoppiato.
Alla fine eccomi a Baggio, Carlo
è ancora alla fontana, più in la
c'è Paolo che si interessa se ci sono problemi per la mia
ernia; non ce ne sono più da quando mi hanno operato, 2 mesi fa, almeno credo
e spero che non ce ne siano più, anche per il futuro.
Ancora qualche foto al villaggio ed un breve video agli ultimi del gruppo, i giovani hanno già ripreso il
cammino da un pezzo e si sono dileguati.
Carlo e Paolo impiegano veramente
poco a staccarci, Liviana ha il passo pesante, è la prima volta che la vedo
così affaticata, solitamente si mette a canticchiare quando ha bisogno di farsi
forza, oggi non ha neppure la forza di fare quello. Non che io sia messo
meglio, ma cerco di non darlo a vedere, e forse questo mio mostrare energie,
che in realtà non ci sono, non le sono di conforto. Non so come comportarmi,
vorrei rincuorarla ma riesco solo a pungolarla e non a spronarla; mi sento un
incapace, un aguzzino.
Più sotto si intravvede la
chiesa, manca poco al Ponte d'Angri, Io sappiamo entrambi. Un ragazzino,
accompagnato dai genitori, ci passa avanti con passo spedito, poi risale di
corsa, sembra volerci sbeffeggiare col suo andare avanti ed indietro. Sul
sentiero qualcosa di piccolo si muove rapidamente, sembra un topino ma non lo
è, pensiamo sia un Moscardino una specie di piccolo ghiro, merita una foto,
ed è anche la scusa per fermarci un attimo. Più avanti ne incontriamo un altro, facciamo attenzione a non infastidirlo ed a non attirare l'attenzione del
ragazzino, non vogliamo che gli faccia del male.
Eccoci alla chiesa, ora manca
veramente poco. si intravede il ponte, non c'è nessuno dei nostri, se ne saranno
già andati verso le macchine. Quando stiamo passando sul Ponte d'Angri ecco che
Paolo sbuca dal breve sentiero che a destra risale verso il Crotto d'Angri.
Gli altri sono tutti li, hanno occupato un lungo tavolo e ci stanno attendendo
per ordinare qualcosa da bere; birra o panache per tutti, Liviana ordina anche
un panino con salame.
L'escursione è praticamente
finita, mancano poche centinaia di metri per arrivare alle auto, poi anche
questa galoppata resterà un bel ricordo; siamo ancora seduti davanti alle birre che arrivano i primi commenti, Fabrizio dice che le gite mie e di Paolo sono
sempre le migliori per organizzazione, per ambiente e per utilità. Carlo poi ne
è entusiasta, ed ancora ora, a distanza di mesi, ne parla con il medesimo
entusiasmo di quel tardo pomeriggio.
Paolo ed io siamo soddisfatti,
decisamente soddisfatti; guardiamo Liviana, è chiaramente stravolta dalla
stanchezza, ma dall’espressione del suo viso traspare la gioia, la felicità, la
soddisfazione per quanto ha fatto.
Finito il panino e le birre ci
alziamo e paghiamo il conto.
Si torna a casa.
hanno partecipato ciascuno
si è distinto come
1. Carlo entusiasta
2. Ermanno
(ASE ErBa1950) cuoco,
chiudi-fila, fotografo e narratore
3. Fabrizio allievo
modello
4. Ferdinando responsabile
di sala e fotogrago
5. Filippo apri-fila e disc jochey
6. Liviana addetta
alle vettovaglie
7. Paolo
(ASE PaRad) tutor
di Fabrizio e fotografo
potete seguirci con l'immaginazione guardando tutte le foto scattate e le trovate ai seguenti link
>>> quelle di Ermanno del 21 e quelle del 22
e per vedere tutte le altre nostre foto
potete seguirci con l'immaginazione guardando tutte le foto scattate e le trovate ai seguenti link
> quelle di Ferdinando
>> quelle di Paolo>>> quelle di Ermanno del 21 e quelle del 22
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