lunedì 7 maggio 2012

PAMPI verso il Mars



E' valso la pena osare, e siamo stati premiati.
Audaces fortuna iuvat

La scuola di escursionismo SIEL ha in programma, per domenica 6 Maggio, l'escursione "autogestita dagli allievi"; tutti gli accompagnatori ed i collaboratori disponibili si sono impegnati a seguire gli allievi in qualità di gitanti accompagnati.
Man mano che la domenica si avvicina i bollettini meteo si fanno sempre più minacciosi, la meta dell'escursione è ai Corni di Canzo e su tutta l'alta Italia è previsto non tempo brutto ma pessimo.
Già da giovedì qualche "capogita" annuncia l'intenzione di rinunciare, per sabato hanno rinunciato tutti.
E' così che nel pomeriggio di sabato ci si messaggia tra noi del PAMPI, cosa fare domenica? si va o si resta? decideremo domattina, "ci sentiremo alle 6,45".
Ma la voglia di camminare è tanta, sono settimane che siamo fermi, tra la Pasqua, il maltempo, la scuola di escursionismo con le uscite per "orientamento a Cuasso al Monte" e per "nodi e manovre al Devero", è da un mese che non ci muoviamo seriamente.
Alle 6,34 della domenica il primo sms recita: "Ciao, il meteo dice che ad ovest il tempo è migliore, io sarei dell'idea di partire e di decidere la meta durante il viaggio " gli fa eco " Va bene, alle 7,30 al K2?" e per chiudere rispondo "Si, penso io ad avvisare gli altri 2"; detto fatto, altri 2 sms ed il gruppo è formato.
Mentre si viaggia verso ovest Paolo propone la zona di Biella, la scelta cade su Oropa e le montagne alle sue spalle; si arriverà fino a dove il tempo ed il terreno consentiranno di arrivare, sta bene a tutti.
Siamo ad Oropa, decidiamo di salire in cabinovia ed intanto che saliamo ci informano che il rifugio al Monte Camino è chiuso, allora val la pena di andare verso il Monte Mars.
Lasciamo la stazione della cabinovia, passiamo a fianco all'Albergo Ristorante Savoia e ci dirigiamo verso il Lago del Mucrone, le nuvole nascondono il paesaggio; e già stiamo pestando la neve, "a saperlo mi sarei messa i miei Meindl Piz Palu" dice Liviana.
La neve è ancora davvero tanta, quando in pianura pioveva, negli scorsi giorni, qui nevicava ed in certi punti anche i cartelli segnavia sono stati interamente coperti.
Paolo si mette in testa alla piccola carovana e procede non proprio velocemente per la difficoltà a trovare indicazioni sulla via da seguire; ogni tanto appare qualche traccia di vernice bianco/rossa a volte bianco/gialla, in certi tratti seguiamo orme ormai labili di chi qualche giorno prima ha percorso il medesimo sentiero.
Ci fermiamo a toglierci chi il pile chi il guscio, intanto sotto di noi il Lago del Mucrone appare bianco e gelato e sopra noi un pallido sole si fa strada tra le nubi ed ha comunque la forza per gettare le nostre ombre sulla neve.
Salendo si trovano zone non completamente innevate, forse l'esposizione, forse il terreno roccioso, e qui si alzano gli ometti che ci indicano la strada da seguire.
Giungiamo ad un tratto in cui è posta una corda per aiutare a superare le roccette scivolose, 15 metri di corda fradicia, giuntata in più punti con dei doppi inglesi, si supera facilmente e proseguiamo fino alla cresta che divide il versante sud da quello nord.
Una rapida occhiata ci fa capire che oltre quel punto la neve è veramente tanta e senza ciaspole diventa faticoso procedere, meglio porre termine alla nostra salita.
C'è un bel roccione su cui possiamo fermarci ed aprire i nostri zaini per estrarre panini e formaggio grana "48 mesi" ed una birra e frutta e verdura e biscotti e cioccolato al caffè.
Il cielo intanto si è aperto un poco e si colora di azzurro ma non dura molto, lo squarcio azzurro si richiude e appare una foschia sempre più densa che ci consiglia di tornare sui nostri passi.
Con calma, senza fretta sistemiamo gli zaini e ci incamminiamo verso valle.
I punti dove per salire ci eravamo aiutati con le mani ora in discesa sembrano più insidiosi, Paolo ed io abbiamo già pensato a tenere a portata di mano 2 spezzoni di corda, li giuntiamo, prepariamo una semplice imbragatura con una fettuccia ed un moschettone, tanto per dare sicurezza alle due ragazze, e scendiamo senza alcuna difficoltà i tratti che potevano sembrare insidiosi.
A metà della discesa ci coglie una leggera pioggia gelata che ci obbliga a indossare le giacche impermeabili e coprire gli zaini, è continua ma non bagna, ogni granello rimbalza e cade a terra, come fosse grandine minuscola.
Giungiamo infine sul tratto piano, in vista degli impianti e dell'albergo, incrociamo un gruppo di giovani donne che ci squadrano come fossimo marziani ( forse sarebbe più corretto dire MARSiani).
Prendiamo nuovamente la cabinovia, questa volta in discesa, e cerchiamo inutilmente di individuare il percorso della ferrata Nito Staich che per tre di noi è stata l'iniziazione alle ferrate, ma non c'è verso, troppa foschia impedisce di vedere il terreno sotto di noi.
Eccoci infine a valle, l'escursione è finita, ne è valsa la pena, abbiamo "forse" un nuovo PAMPI, Maristella pare si sia trovata bene anche con questo tempo.